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La capacità di astrazione dei corvi

di Redazione

La capacità di astrarre non è una prerogativa umana

 

Una ricerca condotta da Thomas Bugnyar, espertoin cognizione sociale animale dell’Università di Vienna, e pubblicata su “Nature Communications” ha portato a importanti risultati per quanto riguarda lo studio del pensiero astratto. Finora si riteneva che solo gli esseri umani avessero questa capacità, la ricerca invece ha svelato che anche i corvi hanno la capacità di immaginare le intenzioni dell’altrosenza la sua osservazione diretta. Per sei mesi Bugnyar ha studiato dieci corvi allevati in cattività.I corvi sono stati posizionati in stanze vicine con finestre comunicanti inizialmente lasciate scoperte di modo che ciascuno potesse spiare i vicini mentre ricevevano razioni di cibo. In un secondo momento le finestre sono state oscurate, ma è stato lasciato uno spiraglio da cui gli animali hanno imparato a spiare e gli altri sapevano di poter essere spiati. È stato poi dato agli uccelli del ciboda nascondere, mentre in sottofondo risuonavano le registrazionidi versi di loro simili. I ricercatori hanno così notato che quando lo spiraglio della finestra era stato lasciato aperto, e c’era la possibilità di essere visti, gli uccelli celavano con particolare cura le provviste. Quando, invece, lo spiraglio era chiuso, i corvi non si allarmavano, come se sapessero che non potevano essere spiati. Secondo Bugnyar: “ciò suggerisce che i corvi facciano generalizzazioni basate sull’esperienza, e non si limitino a interpretare e rispondere al comportamento visibile di altri uccelli”.


Il segreto di chi impara subito le lingue

di Redazione

Chi apprende in minor tempo le lingue straniere ha più connessioni nel cervello

 

I ricercatori del Montreal Neurological Institute della McGill University in Canada hanno svelato il mistero per cui alcune persone apprendono più velocemente le lingue straniere rispetto ad altre. L’apprendimento risulta essere più o meno facile a causa di differenze innate nel modo in cui le diverse parti delcervello comunicano tra di loro. In particolare, quindi, chi ha più connessioni tra le diverse aree del cervello riesce ad apprendere nuovi linguaggi con maggiore facilità, inoltre è più veloce durante la lettura e più preciso nella pronuncia. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sul “Journal of Neuroscience”. L’equipe ha scansionato il cervello di 15 adulti di lingua inglese che stavano per iniziare un corso di 12 settimane di francese. Grazie alla risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno esaminato la connettività all’interno del cervello dei soggetti sia prima che alla fine del corso. Hanno così scoperto che il modo in cui si sviluppa e funziona il “cablaggio” del cervello ha ripercussioni sulla capacità di apprendimento del corso in termini di maggiore velocità di lettura o di pronuncia. Tuttavia, gli esperti rassicurano: il nostro cervello è un organo plastico che può essere plasmato dall’apprendimento e dall’esperienza, i risultati non significano quindi che il successo nell’imparare una seconda lingua sia interamente predeterminato dalla connettività del nostro cervello.


Ricordi artificiali

di redazionale

Creati ricordi artificiali durante il sonno grazie ad una stimolazione transcranica

 

Si possono creare ricordi artificiali? Sembrerebbe di sì secondo quanto dimostrato da uno studio condotto da Gaetan de Lavilléon dell’Ecole Supérieure de Physique et de Chimie Industrielles de la Ville de Paris e dai colleghi di altri istituti francesi e pubblicato su «Nature Neuroscience».
La ricerca è stata condotta su topi da laboratorio e ha dimostrato come durante il sonno sia possibile creare dei veri e propri ricordi artificiali usando una stimolazione transcranica di alcune aree del cervello durante una particolare fase di attività dell’ippocampo. In questo modo i topi sono stati portati a ricordare un determinato punto dell’ambiente dove in realtà non erano mai stati prima.
L’ippocampo è la regione del cervello che fa da substrato neuronale alle mappe mentali che ci permettono di muoverci in un dato ambiente. A giocare un ruolo importante in questo processo sono le cellule di posizione, una specie di “GPS biologico”, che rilevano le coordinate spaziali del corpo.
Durante il sonno i mammiferi riproducono l’attivazione che hanno avuto questi neuroni nella fase di veglia e, attraverso un particolare schema di onde cerebrali (SPW-R), viene consolidato il ricordo degli input spaziali.
I ricercatori hanno, quindi, condotto alcuni test per verificare se interferendo nella fase di consolidamento dei ricordi fosse possibile modificare il comportamento dei topi: a cinque topi addormentati sono stati stimolati, mediante elettrodi intracranici, i cammini neurali connessi ai processi di ricompensa, due topi hanno invece ricevuto una stimolazione non legata ai processi di ricompensa.
Una volta svegli, gli animali che avevano ricevuto la stimolazione trascorrevano più tempo in un punto dell’ambiente in cui non erano mai stati, mostrando così che nel loro cervello si erano formati dei ricordi artificiali. Al contrario, questo comportamento non si manifestava nei topi in cui la stimolazione non era legata ai cammini di ricompensa.


Un aiuto per tornare a vedere

di redazionale

Si chiama Horus ed è un assistente meccanico con telecamera e voce guida

 

Un nuovo aiuto per ipovedenti e ciechi arriva da tre studenti universitari di Genova. Si deve a loro, infatti, la creazione di Horus, un assistente meccanico, che fornisce la percezione di ciò che si ha intorno grazie a una mini telecamera, un programma che vede il mondo circostante e una voce guida che racconta ciò che vede. Non solo, Horus, chiamato come il dio egizio dalla vista di falco, permette di leggere un libro o un segnale stradale e di evitare gli ostacoli grazie a particolari applicazioni.
Ideato da Saverio Murgia, laureato in ingegneria biomedica, Luca Nardelli, ingegnere biomedico e commercializzato da Benedetta Magri, Horus è applicabile su ogni montatura di occhiali. Alla realizzazione del progetto hanno partecipato anche volontari dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti di Genova e Savona ai quali è stato chiesto quali erano le loro esigenze principali. È così emerso che il loro primo desiderio era di leggere un libro o la tabella con gli orari dell’autobus, il secondo, invece, sapere quai possibili ostacoli ci sono dal busto in su, cioè in quella zona non raggiungibile dal bastone.
Horus è un occhiale hi tech, leggerissimo (pesa 15 grammi) che funziona con telecamera, sensori di movimento, microfoni e attraverso un meccanismo che conduce il suono all’orecchio senza bisogno di usare le cuffie. Ad alimentarlo è una pila ricaricabile da tenere in tasca. Una voce racconta tutto ciò che vede e un apposito sistema di memoria permetterà di riconoscere i visi delle persone conosciute o in caso di sconosciuti di illustrarne le caratteristiche, come il colore dei capelli per chi non è cieco dalla nascita. Horus si presta a molte possibilità di personalizzazione, l’utente, infatti, potrà impostare la modalità che preferisce in base al bisogno, per esempio, di trovare le strisce pedonali o di leggere un libro.


Far di conto: l’abilità nascosta nel cervello

di redazionale

“I neuroni del numero” sono stati individuati nella corteccia parietale

 

È nella corteccia parietale che si sviluppa l’abilità nel far di conto. A dimostrarlo uno studio, condotto da ricercatori del dipartimento Neurofarba (Neuroscienze, Psicologia, Area del farmaco e Salute del bambino) dell’Università di Firenze, pubblicato sulla rivista “Proceedings of Royal Society B (Biological Science)”. Gli studiosi hanno, inoltre, dimostrato che, indipendentemente che si presentino nello stesso momento o in successione, la capacità sia di quantificare stimoli visivi o acustici che di stimare la quantità di oggetti presentati si deve a un unico meccanismo cerebrale.
A condurre la ricerca sono stati David Burr, ordinario di psicobiologia e psicologia fisiologica, il ricercatore Roberto Arrighi e la dottoranda Irene Togoli, che grazie a tecniche comportamentali psicofisiche hanno misurato l’abilità dei soggetti del campione ad effettuare stime numeriche. In un secondo momento è stata applicata una procedura di adattamento che ha rivelato la tendenza dei soggetti a percepire un numero maggiore di elementi, se gli è stata mostrata in precedenza una quantità più piccola e viceversa.
Secondo gli studiosi, i risultati fanno supporre che il cervello umano elabori i numeri attraverso un unico meccanismo cerebrale indifferentemente dalla natura sensoriale degli stimoli ricevuti (acustici e visivi) e dalla modalità di presentazione degli elementi da conteggiare.
La ricerca potrebbe avere importanti ripercussioni in ambito clinico o scolastico, dal momento che permetterebbe lo sviluppo di tecniche di intervento prescolare in grado di facilitare lo sviluppo delle competenze matematiche fondamental


Stato sociale e altruismo

di redazionale

I soggetti con uno stato sociale più basso sono
più inclini al comportamento prosociale

 

Una ricerca pubblicata sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”, a firma di Ana Guinote e colleghi dello University College di Londra, ha rivelato come ad essere più inclini a comportamenti prosociali siano soggetti appartenenti ad uno stato sociale basso rispetto a soggetti con status più elevato. La predisposizione all’altruismo e ai principi di correttezza e di egualitarismo dipenderebbe quindi dalla posizione dei soggetti all’interno della gerarchia sociale, secondo meccanismi che sono stati già riscontrati anche nei primati non umani. Inoltre, questa tendenza si sviluppa in modo molto precoce, già nei bambini di età prescolare.
Gli studi condotti negli ultimi anni hanno dimostrato che i soggetti appartenenti ad un basso livello sociale ed economico, rispetto a quelli appartenenti a livelli socioeconomici più elevati, riescono ad identificare meglio gli stati emozionali degli altri.
Per esaminare l’influenza dello status sociale sul comportamento i ricercatori hanno condotto quattro esperimenti: tre con un gruppo di studenti universitari e il quarto con bambini di età prescolare. Agli studenti universitari è stato assegnato, attraverso uno stratagemma, uno stato sociale più o meno elevato e sono stati valutati il loro livello di altruismo e i loro principi morali tramite una serie di test. Si è così osservato come mentre i soggetti con uno status più elevato consideravano come valore principale l’affermazione di sé, quelli con uno status inferiore non solo erano più altruistici, ma erano più disposti ad aiutare gli altri e ad impegnarsi in opere di volontariato.
Infine, nell’ultimo esperimento è stato analizzato il comportamento di bambini di età prescolare (4,7 anni di media). Attraverso una competizione per aggiudicarsi alcuni giocattoli è stato definito il loro status sociale. Una volta definita la loro posizione all’interno della scala gerarchica, è stato chiesto ai bambini di donare alcuni adesivi ad un ipotetico bambino ricoverato in ospedale. Anche in questo caso, a dimostrarsi più generosi sono stati i bambini con lo status sociale inferiore.


Prevedere il futuro con il brain imaging?

di redazionale

Grazie alle moderne tecniche di visualizzazione dell’attività cerebrale sarà possibile prevedere il comportamento futuro

 

Sarà possibile in futuro riuscire a prevedere il comportamento altrui grazie ad avanzate tecniche di brain imaging? Secondo John D.E. Gabrieli, Satrajit S. Ghosh e Susan Whitfield-Gabrieli, neuroscienziati al McGovern Institute for Brain Research del Massachusetts Institute of Technology la risposta potrebbe essere positiva. In un articolo pubblicato sulla rivista “Neuron” hanno esaminato la letteratura scientifica sull’argomento e sono giunti alla conclusione che attraverso queste tecniche si possano prevedere con buona probabilità alcuni possibili problemi dei soggetti esaminati, come la facilità di compiere comportamenti pericolosi per la salute e le difficoltà di apprendimento.
Finora l’impatto che queste tecniche di visualizzazione dell’attività cerebrale hanno avuto sulla vita quotidiana è stato limitato, ma la situazione potrebbe cambiare in futuro e potrebbero aiutarci a prevedere alcuni comportamenti e aspetti della vita di un individuo. In particolare queste tecniche aiuterebbero a prevedere le capacità di apprendimento durante la crescita e avrebbero buone capacità predittive per la valutazione del rischio di incorrere in comportamenti pericolosi per la salute come un consumo eccessivo di alcool o il modo in cui il soggetto può rispondere ai farmaci o, nel caso di soggetti con disturbi mentali, a terapie di tipo cognitivo-comportamentale.
Come precisato dai ricercatori, i risultati ottenuti hanno bisogno di essere convalidati eseguendo test su campioni di soggetti più ampi rispetto a quelli usati finora. Inoltre, questioni di questo tipo, che riguardano la capacità di prevedere il comportamento altrui, aprono inevitabilmente la strada a un dibattito di tipo etico e sociale.